Chirurgia di Riduzione del Rischio Oncologico Mammario

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Chirurgia di Riduzione del Rischio Oncologico Mammario 2017-11-30T11:07:06+00:00

Chirurgia di Riduzione del Rischio Oncologico Mammario

La mastectomia di riduzione del rischio si associa ad una riduzione del rischio di sviluppare un carcinoma mammario dell’85-90% e addirittura del 95% se abbinata o preceduta dall’ovariectomia, anche se non lo elimina del tutto. La salpingo-ovariectomia è in grado di ridurre il rischio di carcinoma ovarico pari al 80-90% e di ridurre il rischio di carcinoma della mammella pari al 50% circa se effettuata entro i 40 anni o in fase pre-menopausale.

Alle donne che esprimono il desiderio di effettuare un tale tipo di intervento deve essere garantito un appropriato counseling psicologico pre-chirurgico che aiuti la donna nel processo decisionale e il supporto di un counseling multispecialistico integrato che fornisca alla donna tutte le informazioni connesse: il chirurgo senologo e il chirurgo plastico devono esporre alla donna tutte le opzioni per quanto riguarda la mastectomia di riduzione del rischio  e le possibilità ricostruttive, il ginecologo chirurgo  quelle relative alla salpingo-ovariectomia di riduzione del rischio.

Prima di essere avviata alla terapia chirurgica di riduzione del rischio la donna deve essere stata sottoposta a consulenza genetica ed esecuzione preliminare del test genetico , consulenza multidisciplinare (genetista, oncologo, radiologo, chirurgo generale e chirurgo plastico, ginecologo), consulenza psicologica sia nella fase decisionale che successiva all’intervento, e deve essere formulato il consenso che contenente chiare ed esaustive informazioni, soprattutto sulle complicazioni associate alla ricostruzione plastica mammaria, sull’accettabilità e l’impatto psicologico.

La mastectomia di riduzione del rischio bilaterale va eseguita nelle pazienti con test genetico positivo come strategia di riduzione del rischio di sviluppare un carcinoma della mammella e di ridurre la mortalità cancro relata. Non potendolo eliminare del tutto, attualmente è la procedura più efficace per la riduzione del rischio di sviluppare un carcinoma mammario nel corso della vita. Poiché spesso questa chirurgia drastica e demolitiva viene proposta a donne in giovane età, la procedura mira anche a ottenere il migliore risultato estetico possibile anche a lunga distanza dall’intervento.

L’intervento può essere eseguito in equipe comprendente sia il chirurgo senologo per la parte demolitiva (la mastectomia bilaterale) sia il chirurgo plastico per quella ricostruttiva. Qualora il chirurgo senologo sia in possesso della necessaria esperienza e competenza in chirurgia ricostruttiva potrà egli stesso effettuare entrambe le fasi dell’intervento. La mastectomia risk reducing bilaterale di norma deve prevedere in unico tempo la fase ricostruttiva che sarà scelta sulla base dei desideri della donna, dalla sua situazione clinica comprendente volume delle mammelle da ricostruire, grado di ptosi mammaria, disponibilità di zone donatrici per lembi autologhi, età della donna, abitudini di vita e comorbidità (tabagismo e diabete mellito).

L’intervento demolitivo e ricostruttivo sarà discusso con la donna col team multidisciplinare, in particolare con l’equipe chirurgica, per impostare un preciso planning terapeutico. La mastectomia nipple sparing bilaterale con ricostruzione immediata mediante impianto di protesi è l’intervento che oggi raccoglie i maggiori consensi e offre i migliori risultati estetici. Essa infatti, quando è applicabile, permette la conservazione bilaterale del complesso areola capezzolo. La possibilità di persistenza di residui ghiandolari sotto il capezzolo determina una capacità di riduzione del rischio tra 88 e 92%.

L’incisione più seguita e meno gravata da complicanze e quella laterale-radiale, a “S” Italica allungata verso il pilastro anteriore dell’ascella. Sono da proscrivere invece incisioni semicircolari periareolari che interferiscono con la vascolarizzazione superficiale del capezzolo.  Le problematiche principali sono dovute all’ischemia della cute e del capezzolo, parziale e transitoria (1-9%) e totale, irreversibile con la necessità di asportare in un secondo tempo il capezzolo necrotico (0 8%).

La chirurgia del cavo ascellare (intesa come biopsia del linfonodo sentinella), associata alle mastectomie risk reducing, non trova indicazione per la ridottissima percentuale (<3%) di carcinomi infiltranti riscontrati, come reperti occasionali, in tali pazienti, all’esame istologico definitivo delle mammelle asportate. Nel caso di pazienti BRCA+ già sottoposte ad un intervento per carcinoma mammario il rischio annuo di insorgenza di carcinoma nella mammella controlaterale è di circa il 3%, pertanto all’età di 70 anni queste donne presentano un rischio del 52% di sviluppare una neoplasia nella mammella residua. Il rischio è maggiormente significativo in pazienti giovani per le quali la mastectomia di riduzione del rischio controlaterale è il trattamento che offre le maggiori garanzie di prevenzione della malattia.

Una scelta così drastica necessita di un processo decisionale complesso che deve tenere conto di molteplici aspetti che comprendono il tipo di intervento, la tecnica ricostruttiva, il tempo di ripresa post-operatoria, l’aspetto cosmetico e psico-sociale. Altre tecniche disponibili per la chirurgia mammaria rischio riduttiva sono la mastectomia totale e la mastectomia skin-sparing.  Come la mastectomia nipple sparing anche queste non garantiscono la riduzione del rischio del 100% e hanno lo svantaggio di sacrificare il complesso areola-capezzolo, condizionandone il risultato estetico finale. Per tali ragioni esse sono indicate nei casi di mammelle di grandi dimensioni e ptosi dove è maggiore la possibilità di lasciare residui ghiandolari e di avere complicanze ischemiche e necrotiche del complesso areola-capezzolo. La ricostruzione mammaria bilaterale o controlaterale dopo mastectomia di riduzione del rischio può essere effettuata con diverse tecniche operatorie. Attualmente, le tecniche maggiormente utilizzate sono l’impianto dapprima di espansore tissutale poi sostituito da protesi definitiva, l’impianto immediato di protesi mammaria in caso di seni di piccole dimensioni; impianto immediato di protesi con l’impiego di  materiale omologo o  eterologo (acellular dermal matrix, altre) o di natura sintetica (rete titanizzata di polipropilene, scaffold in seta, ecc nei casi di seni di dimensioni medio-grandi).

L’impiego di questi dispositivi permette la realizzazione immediata di una adeguata tasca per la copertura della protesi. Per la ricostruzione possono essere anche impiegate le tecniche ricostruttive con lembi miocutanei di muscolo gran dorsale,  di retto addominale peduncolato (TRAM) o microchirurgico (Diep). Nel counseling chirurgico saranno fornite esaurientemente alla donna tutte le informazioni e approfondite le differenti possibilità ricostruttive per un consenso pienamente informato e per una sua scelta consapevole.